22 agosto 2011
PRIMO CAPITOLO
Marie Claire Vert de la Normandie et de Gascogne era stanca.
Dopo un anno di missioni segretissime e di gravi pericoli scampati, alla fine di luglio dell’anno di grazia 2011, decise di recarsi nel suo rifugio segreto, in una località che non possiamo certo svelare qui, pubblicamente.
Lì l’agente Mac, quando le è possibile, si nasconde, veste i panni di una normale mamma italiana e, a forza di torta fritta, culatello e ottimo lambrusco, circondata da cari amici d’infanzia che nulla conoscono delle sue attività segrete, in breve tempo si ritempra e recupera la salute ed il buonumore indispensabili per poter tornare alla sua vita perigliosa.
Naturalmente, in questi frangenti, l’agente Mac lascia nella sede dell’agenzia LDV5G sia il mantello verde smeraldo cangiante costellato di impronte di gatto da super-eroina, sia le scarpe a molla, sia tutti gli altri incredibili marchingegni indispensabili per il suo lavoro.
L’unica cosa che proprio non le riesce di abbandonare è la Smeraldina, la sua fidata auto supeaccessoriata che, però, assomiglia straordinariamente ad una vecchia Renault Clio piuttosto malandata e, ovviamente, verde.
Ebbene, quella sera del 19 agosto, troviamo la nostra agente Mac tranquilla, a cena a casa di amici.
In quel periodo di fine estate, invece di rinfrescare, il clima, per qualche strano capriccio del destino, era virato ad un tremendo, spaventoso, torrido ed afoso caldo, assai più indicato, ad esempio, ad un fine luglio.
Per questa ragione la nostra Mac, tornata a casa dopo la serata, decise di lasciare la portafinestra e le finestre di casa spalancate, alla ricerca di qualche debole refolo di aria fresca notturna.
Tutti, naturalmente, sapete che Mac non si sposta senza i suoi due astutissimi aiutanti siamesi: il Sublime Pliffo Le Roi e la furtiva Aisha (agente Pimpi) regina dei bassifondi di Marsiglia e amica dei più pericolosi avanzi di forca in cerca d’ingaggio
Mac, serena, spense il lume e si addormentò placidamente.
Un leggero raspìo però la svegliò. L’agente, armata di una logora racchetta da tennis e di tutto il suo coraggio, corse in salotto ma niente paura, era la Pimpi che, nelle notti di luna, viene travolta dai suoi potenti istinti selvaggi e dimentica la sua missione fondamentale che è quella di aiutare il mondo degli umani a non soccombere.
L’agente Mac ricordò tutto questo con modi delicati alla Pimpi e tornò a dormire, persuasa di averla ricondotta alla ragione.
Dopo poco, però, Mac venne di nuovo svegliata da un altro raspìo seguito da un tonfo pesante.
Tornò in salotto assonnata e trovò Pliffo Le Roi che fissava addolorato la finestra, poi volse lo sguardo verso Mac e, tornato a fissare la finestra, emise un flebile quanto rassegnato gnaulìo.
Questa volta Mac si preoccupò e iniziò un’affannosa quanto vana ricerca della bella e selvaggia Pimpi, seguita dagli occhi colmi di rimprovero di Pliffo Le Roi.
Egli, in realtà, non aveva mai accettato completamente di dover lavorare, lui nobile discendente di un Sacro di Birmania, con una simile tagliagole.
“Semplicemente oltraggioso” era uso ripetere.
Mac, non riuscendo a trovare la Pimpi da nessuna parte, allarmatissima e oramai perfettamente sveglia, si rivestì ed uscì di casa alla ricerca della sua adorata piccola delinquentella.
La povera Mac chiamò e chiamò per tutto il quartiere, strisciò sotto tutte le auto posteggiate, si inerpicò su scale e scalette scrutando nel buio più fitto, penetrò furtivamente in orti e giardinetti sfidando morsi e latrati dei cani da guardia.
Niente.
(Continua al capitolo 2....)
(testo Maria Chiara Verderi - foto Arabella Salvini)